La Collaborazione Reciproca (CR) è l’esercizio da parte di cittadini organizzati del diritto/dovere di dare e ricevere ascolto quando una persona parla di sé e delle sue vicende emotive. E’ anche la strada per rispondere al senso di solitudine e di isolamento che può essere provato in una società in rapida trasformazione dove i modelli di vita, le relazioni tra parenti, quelle tra amici e amanti sono sottratte a regole e imposizioni tradizionali per esprimersi in libertà, ma anche senza reti di protezione né esperienze tramandate e condivise. Questo porta a un aumento della sofferenza emotiva, che non può essere affrontata solo con la psichiatria o la psicoterapia, pur restando queste discipline strumenti fondamentali per la salute e il benessere emotivo e mentale, anzi il loro accesso deve essere facilitato e reso il meno oneroso possibile per tutti i cittadini.
Principi che la guidano
Non vi sono teorie esplicite del funzionamento della mente o della nascita della sofferenza emotiva e mentale che guidano le persone che chiamiamo a esercitare la CR. Quello a cui si deve con tenacia restare attaccati è il principio che dice: essere ascoltati è insieme un bisogno e un diritto, ascolta la persona che parla per lei e non per te. La persona starà meglio o un poco meglio se potrà parlare a lungo, con la tranquillità di essere ascoltata da una persona che è li per lei, che non la giudica, non interpreta le sue parole , non la interrompe. Importante è anche che la persona che parla sia sicura di avere il pieno potere su ciò che le sta accadendo, compreso il potere di delegare all’altro qualcosa di sé, ma sicura che la delega data potrà sempre riprendersela, perché su questo veglieranno con attenzione i soci della Società dell’ascolto. Non diremo che con la Cr questa persona avrà risolto i suoi problemi, non diremo che sarà guarita, né che ha cambiato la sua personalità o il suo carattere, o che sia migliorata o peggiorata. Speriamo che ci dica di essere stata ascoltata con interesse e attenzione, con rispetto e ospitalità. Questo è il nostro scopo: poi potrà restituire ciò che ha ricevuto.
C’è bisogno di competenza tecnica?
Non è richiesta una partecipazione allo scambio di CR in un ruolo che somigli in qualche modo al counselor o allo psicoterapeuta. Chi ascolta non sa cosa serve o è buono per chi parla (o comunque si astiene dal proporlo come un obiettivo per l’altro), sa che comunque è una cosa positiva se ascolta. Non c’è un obiettivo da raggiungere, non vi sono tecniche da applicare. Ma tutto ciò che fa parte del bagaglio culturale e di esperienza di chi ascolta è benvenuto. Se hai fatto un corso di Metodo Feldenkrais e sai come dare benessere al corpo potrai usarlo, se sei appassionato di musica e un disco ti commuove e ti ha commosso puoi condividerlo, se sai usare dei metodi di fantasia guidata proponi qualcosa, se ami il colore , il disegno, l’olio, l’arte usa ciò che hai e ti sembra interessante. Se ti senti bene a comunicare col contatto e la vicinanza ricorda che l’abbraccio è il messaggio universale di accoglienza e di ospitalità, oltre che essere la prima richiesta di un bambino triste, stanco o infreddolito.
Tutto questo può aiutare una persona che parla di sé ad essere più concentrata, a guardare aspetti non condivisi o poco conosciuti della sua vita emotiva, perché niente come gli occhi attenti e partecipi di un’altra persona aiuta ad ascoltare se stessi e a comprendersi.
La relazione di CR non prevede la condivisione di altri aspetti della vita: economico, lavorativo, religioso, sessuale, sportivo, educativo, politico.
A chi ha delle obiezioni alla nostra proposta di CR possiamo dire che tra le infinite cose, positive, indifferenti o dannose che le persone possono fare come gruppi associati questa ci sembra una cosa buona.
C’è bisogno di una formazione?
Anche se non c’è bisogno di una specifica competenza tecnica, c’è però bisogno di una formazione, perché se ascoltare è nell’esperienza di tutti, non è semplice dare attuazione vera all’azione di ascoltare rispettandone le caratteristiche proprie.
Fondamentalmente non è semplice perché le persone hanno emozioni e quindi sono vulnerabili a processi che non conoscono bene come spesso non conoscono bene le loro vicende emotive. Bisogna imparare ad ascoltarsi e quindi offriamo alle persone che vogliono partecipare ai nostri incontri e ai gruppi la possibilità di formarsi .
Esiste poi un campo ampio nella comunicazione che obbliga ad essere esperti e/o formati perché il linguaggio ha una sua carica emotiva di cui può essere difficile accorgersi. E’ però una formazione paragonabile a quella che si ritiene necessaria ad ogni persona che voglia agire all’interno di associazioni di volontariato che si occupano di aiutare persone in difficoltà.
Un modello di relazione che proponiamo per tutte le attività nella CR è il modello del soggetto/ protagonista e dell’accompagnatore/ascoltatore
Il soggetto è colui che fa l’esperienza; nel caso della condivisione nella coppia o in gruppo il soggetto è colui che parla. La particolarità del suo ruolo è quella di essere il “padrone del tempo”, non ha nessun obbligo, può, se lo vuole, ascoltarsi. E’ il soggetto che decide come portare avanti l’esperienza, rispettando i propri tempi e le proprie esigenze. Durante la condivisione, per esempio, può decidere di sospendere per se stesso la validità delle regole e può chiedere quindi di essere interrotto, di ricevere interpretazioni o suggerimenti, può autorizzare la persona con la quale ha parlato a dire al gruppo cosa ha raccontato, ecc..
L’accompagnatore è colui che, appunto, accompagna il soggetto dentro l’esperienza che sta vivendo. E’ un compito complesso e impegnativo, perché non è facile astenersi dal voler guidare l’esperienza di un’altra persona, anche se con le migliori intenzioni. Nella situazione di condivisione della CR l’accompagnatore è colui che ascolta e che ha l’obbligo di rispettare le regole sopra esposte, mentre nel caso del soggetto egli può decidere quali sono le condizioni importanti per sentirsi ben ascoltato.
Per capire come esercitare il ruolo di ascoltatore e imparare ad esercitare i propri diritti di persona cha parla di se stessa, è importante ricordare che nella CR i diritti dell’ascoltatore sono complementari a quelli del soggetto che parla. Se ciò che ascolta lo turba, lo irrita, suscita le sue diverse emozioni, deve comunque astenersi dall’intervenire con interpretazioni, giudizi o consigli, perché le affermazioni del soggetto vanno rispettate in quanto tali e accolte dall’ascoltatore con la consapevolezza che ciascuno è responsabile delle proprie emozioni.
Questo vuol dire che non è possibile attribuire a colui che parla di sé (soggetto) la responsabilità delle emozioni che proviamo ascoltandolo.
Faccio un esempio: il caso di una persona che dice nel gruppo di aver deciso di separarsi e di non volersi occupare dei figli, che lascia al coniuge. Un ascoltatore, che si è impegnato molto nella cura dei figli, può essere fortemente colpito da una affermazione come questa e provare rabbia o irritazione e sentire il bisogno di dire quanto è importante occuparsi dei figli.
E’ evidente che sono in gioco le emozioni dell’ascoltatore e gli scopi che nella vita si è dato e si dà, deve però rendersi conto che la persona che parla, raccontando le sue decisioni o i suoi propositi, non è responsabile delle reazioni di chi l’ascolta. Inoltre non siamo convinti che manifestare le emozioni che si provano, guardando o ascoltando una persona che parla di sé, sia sempre utile o necessario per quella persona.
Faccio un altro esempio:
una donna matura con figli ormai nella prima giovinezza e a cavallo tra adolescenze e prima giovinezza dice che vorrebbe che questi figli se ne andassero di casa perché lei sente di aver dedicato a loro tutto la sua vita e di aver seriamente limitato la sua affermazione professionale. Dice anche che se non se ne vanno loro presto se ne andrà lei ad abitare da sola.
Una ragazza molto seria e competente si arrabbia e comincia a dire che sono troppo giovani, che è una cosa ingiusta e che non tien conto che i ragazzi devono prima essere consapevoli e avere la maturità giusta, poi possono andarsene. Duice anche che lei se ne è andata a 25 anni ma aveva già fatto esperienze e che malgrado questo è stata una esperienza molto difficile.
Anche in questo caso cosa accade: la emozione dell’ascoltatore prevale sulla storia di chi parla, anche se ciò che viene detto appare mosso da una intenzione positiva e di condivisione.
Il compito di chi ascolta (o accompagnatore), è quello di ascoltare e sostenere il soggetto nell’ascolto di sé.
Perché un Gruppo per la Collaborazione Reciproca?
Perché è necessario avere un luogo presso il quale recarsi periodicamente per continuare ad essere esperti e a condividere le esperienze. Dove confrontare ciò che accade negli incontri con i compagni del Gruppo e con persone che si possono incontrare nella vita e con le quali è bello e interessante scambiare l’ascolto. Perché così è possibile verificare se le persone che partecipano ai gruppi rispettano i principi e le regole generali. Perché si possono risolvere dubbi e incertezze e condividere esperienze e risultati.
La storia
La definizione di Collaborazione Reciproca rimanda al co- counseling, messo a punto e diffuso negli USA da Harvey Jackins a partire dagli anni Sessanta.
Si chiamava allora re-evaluation co-counseling o consiglio reciproco di rivalutazione. Il primo manuale italiano del movimento edito nel 1983 aveva il titolo "Manuale elementare di rivalutazione attraverso la "Reciproca Collaborazione" (Co-consiglio)".
In Jackins l'obiettivo dell'ascolto era definito e predeterminato, fornendo al co-counselor (l'ascoltatore) una serie di competenze e di tecniche che lo facevano somigliare molto ad uno psicoterapeuta a cui si rivolgeva un cliente.
Il nostro modello è in parte diverso, in quanto si basa sull'idea che l'ascolto in quanto tale è in grado di dare un aiuto molto potente. L'ascolto non ha bisogno di aggettivi, se è ascolto, e non richiede necessariamente la padronanza di competenze psicoterapeutiche specifiche.
Infatti la CR richiede soprattutto una competenza emotiva delle persone che sappiano capire che è fondamentale ascoltarsi, ascoltare ed essere ascoltati, sempre le tre esperienza di cui parla Maurice Bellet.
Negli ultimi anni la Collaborazione Reciproca è stata usata nei corsi e nei training della Società Italiana di Biosistemica come una forma di scambio e aiuto reciproco tra persone comunque coinvolte in un processo di apprendimento o di terapia.
Nella forma della SAS (soggetto accompagnatore supervisore) è presente nei corsi di Counseling organizzati a Prato, Massa e Lucca come ulteriore processo di apprendimento e di formazione.
Per l'associazione Società dell'ascolto il lavoro soggetto - accompagnatore è una modalità di lavoro stabile nei Corsi di Educazione all'ascolto e dentro i gruppi di ascolto e di auto aiuto su temi specifici (solitudine, donne, genitori, alimentazione, ecc.).
Dall'esperienza di questi anni è emersa la necessità di dare alle persone chehanno iniziato un percorso dentro i Corsi di Educazione all'ascolto la possibilità di sviluppare il loro interesse e la loro partecipazione.
L'esperienza dei Corsi di Educazione all'ascolto crea in modo molto chiaro la voglia di continuare lo scambio dell'ascolto anche in seguito e questo determina ed ha determinato la nascita dei Gruppi di ascolto.
La CR può essere un nuovo sviluppo di questo processo.
Ci diamo quindi come compito e programma:
a) di aumentare l'esperienza di lavoro di ascolto reciproco a coppie dentro tutte le iniziative dell'associazione Società dell'Ascolto.
b) di costruire Circoli di studio che potrebbero inserirsi nei progetti della Comunità europea per la formazione permanente, e che potrebbero essere chiamati " CIRCOLI DI COLLABORAZIONE RECIPROCA ".
c) comunque di costruire Gruppi di Collaborazione Reciproca nei quali sia possibile apprendere il metodo e dare concreta attuazione allo scambio dell'ascolto in gruppo e a coppie, dentro il gruppo e privatamente.
d) di garantire come associazione Società dell'Ascolto dei facilitatori esperti e formati che conducano questi Circoli e Gruppi. Questi facilitatori sono le persone che da più tempo si impegnano nella vita della associazione.
Si sono formati nei Corsi di Educazione all'ascolto e nei gruppi tenuti in questi anni da Eugenio Roberto Giommi, da Barbara Noci, e da altri soci come Mariella Pavani, Andrea Nesi, Marta Sanesi, Paola Zipoli, sia nelle altre iniziative che la Società dell'Ascolto ha promosso in questi anni in proprio o su incarico del Cesvot o delle Amministrazioni Pubbliche.
Ora possiamo anche contare su altre persone che stanno dando il loro tempo e la loro collaborazione e che si stanno formando sotto la supervisione della associazione.
Principi che la guidano
Non vi sono teorie esplicite del funzionamento della mente o della nascita della sofferenza emotiva e mentale che guidano le persone che chiamiamo a esercitare la CR. Quello a cui si deve con tenacia restare attaccati è il principio che dice: essere ascoltati è insieme un bisogno e un diritto, ascolta la persona che parla per lei e non per te. La persona starà meglio o un poco meglio se potrà parlare a lungo, con la tranquillità di essere ascoltata da una persona che è li per lei, che non la giudica, non interpreta le sue parole , non la interrompe. Importante è anche che la persona che parla sia sicura di avere il pieno potere su ciò che le sta accadendo, compreso il potere di delegare all’altro qualcosa di sé, ma sicura che la delega data potrà sempre riprendersela, perché su questo veglieranno con attenzione i soci della Società dell’ascolto. Non diremo che con la Cr questa persona avrà risolto i suoi problemi, non diremo che sarà guarita, né che ha cambiato la sua personalità o il suo carattere, o che sia migliorata o peggiorata. Speriamo che ci dica di essere stata ascoltata con interesse e attenzione, con rispetto e ospitalità. Questo è il nostro scopo: poi potrà restituire ciò che ha ricevuto.
C’è bisogno di competenza tecnica?
Non è richiesta una partecipazione allo scambio di CR in un ruolo che somigli in qualche modo al counselor o allo psicoterapeuta. Chi ascolta non sa cosa serve o è buono per chi parla (o comunque si astiene dal proporlo come un obiettivo per l’altro), sa che comunque è una cosa positiva se ascolta. Non c’è un obiettivo da raggiungere, non vi sono tecniche da applicare. Ma tutto ciò che fa parte del bagaglio culturale e di esperienza di chi ascolta è benvenuto. Se hai fatto un corso di Metodo Feldenkrais e sai come dare benessere al corpo potrai usarlo, se sei appassionato di musica e un disco ti commuove e ti ha commosso puoi condividerlo, se sai usare dei metodi di fantasia guidata proponi qualcosa, se ami il colore , il disegno, l’olio, l’arte usa ciò che hai e ti sembra interessante. Se ti senti bene a comunicare col contatto e la vicinanza ricorda che l’abbraccio è il messaggio universale di accoglienza e di ospitalità, oltre che essere la prima richiesta di un bambino triste, stanco o infreddolito.
Tutto questo può aiutare una persona che parla di sé ad essere più concentrata, a guardare aspetti non condivisi o poco conosciuti della sua vita emotiva, perché niente come gli occhi attenti e partecipi di un’altra persona aiuta ad ascoltare se stessi e a comprendersi.
La relazione di CR non prevede la condivisione di altri aspetti della vita: economico, lavorativo, religioso, sessuale, sportivo, educativo, politico.
A chi ha delle obiezioni alla nostra proposta di CR possiamo dire che tra le infinite cose, positive, indifferenti o dannose che le persone possono fare come gruppi associati questa ci sembra una cosa buona.
C’è bisogno di una formazione?
Anche se non c’è bisogno di una specifica competenza tecnica, c’è però bisogno di una formazione, perché se ascoltare è nell’esperienza di tutti, non è semplice dare attuazione vera all’azione di ascoltare rispettandone le caratteristiche proprie.
Fondamentalmente non è semplice perché le persone hanno emozioni e quindi sono vulnerabili a processi che non conoscono bene come spesso non conoscono bene le loro vicende emotive. Bisogna imparare ad ascoltarsi e quindi offriamo alle persone che vogliono partecipare ai nostri incontri e ai gruppi la possibilità di formarsi .
Esiste poi un campo ampio nella comunicazione che obbliga ad essere esperti e/o formati perché il linguaggio ha una sua carica emotiva di cui può essere difficile accorgersi. E’ però una formazione paragonabile a quella che si ritiene necessaria ad ogni persona che voglia agire all’interno di associazioni di volontariato che si occupano di aiutare persone in difficoltà.
Un modello di relazione che proponiamo per tutte le attività nella CR è il modello del soggetto/ protagonista e dell’accompagnatore/ascoltatore
Il soggetto è colui che fa l’esperienza; nel caso della condivisione nella coppia o in gruppo il soggetto è colui che parla. La particolarità del suo ruolo è quella di essere il “padrone del tempo”, non ha nessun obbligo, può, se lo vuole, ascoltarsi. E’ il soggetto che decide come portare avanti l’esperienza, rispettando i propri tempi e le proprie esigenze. Durante la condivisione, per esempio, può decidere di sospendere per se stesso la validità delle regole e può chiedere quindi di essere interrotto, di ricevere interpretazioni o suggerimenti, può autorizzare la persona con la quale ha parlato a dire al gruppo cosa ha raccontato, ecc..
L’accompagnatore è colui che, appunto, accompagna il soggetto dentro l’esperienza che sta vivendo. E’ un compito complesso e impegnativo, perché non è facile astenersi dal voler guidare l’esperienza di un’altra persona, anche se con le migliori intenzioni. Nella situazione di condivisione della CR l’accompagnatore è colui che ascolta e che ha l’obbligo di rispettare le regole sopra esposte, mentre nel caso del soggetto egli può decidere quali sono le condizioni importanti per sentirsi ben ascoltato.
Per capire come esercitare il ruolo di ascoltatore e imparare ad esercitare i propri diritti di persona cha parla di se stessa, è importante ricordare che nella CR i diritti dell’ascoltatore sono complementari a quelli del soggetto che parla. Se ciò che ascolta lo turba, lo irrita, suscita le sue diverse emozioni, deve comunque astenersi dall’intervenire con interpretazioni, giudizi o consigli, perché le affermazioni del soggetto vanno rispettate in quanto tali e accolte dall’ascoltatore con la consapevolezza che ciascuno è responsabile delle proprie emozioni.
Questo vuol dire che non è possibile attribuire a colui che parla di sé (soggetto) la responsabilità delle emozioni che proviamo ascoltandolo.
Faccio un esempio: il caso di una persona che dice nel gruppo di aver deciso di separarsi e di non volersi occupare dei figli, che lascia al coniuge. Un ascoltatore, che si è impegnato molto nella cura dei figli, può essere fortemente colpito da una affermazione come questa e provare rabbia o irritazione e sentire il bisogno di dire quanto è importante occuparsi dei figli.
E’ evidente che sono in gioco le emozioni dell’ascoltatore e gli scopi che nella vita si è dato e si dà, deve però rendersi conto che la persona che parla, raccontando le sue decisioni o i suoi propositi, non è responsabile delle reazioni di chi l’ascolta. Inoltre non siamo convinti che manifestare le emozioni che si provano, guardando o ascoltando una persona che parla di sé, sia sempre utile o necessario per quella persona.
Faccio un altro esempio:
una donna matura con figli ormai nella prima giovinezza e a cavallo tra adolescenze e prima giovinezza dice che vorrebbe che questi figli se ne andassero di casa perché lei sente di aver dedicato a loro tutto la sua vita e di aver seriamente limitato la sua affermazione professionale. Dice anche che se non se ne vanno loro presto se ne andrà lei ad abitare da sola.
Una ragazza molto seria e competente si arrabbia e comincia a dire che sono troppo giovani, che è una cosa ingiusta e che non tien conto che i ragazzi devono prima essere consapevoli e avere la maturità giusta, poi possono andarsene. Duice anche che lei se ne è andata a 25 anni ma aveva già fatto esperienze e che malgrado questo è stata una esperienza molto difficile.
Anche in questo caso cosa accade: la emozione dell’ascoltatore prevale sulla storia di chi parla, anche se ciò che viene detto appare mosso da una intenzione positiva e di condivisione.
Il compito di chi ascolta (o accompagnatore), è quello di ascoltare e sostenere il soggetto nell’ascolto di sé.
Perché un Gruppo per la Collaborazione Reciproca?
Perché è necessario avere un luogo presso il quale recarsi periodicamente per continuare ad essere esperti e a condividere le esperienze. Dove confrontare ciò che accade negli incontri con i compagni del Gruppo e con persone che si possono incontrare nella vita e con le quali è bello e interessante scambiare l’ascolto. Perché così è possibile verificare se le persone che partecipano ai gruppi rispettano i principi e le regole generali. Perché si possono risolvere dubbi e incertezze e condividere esperienze e risultati.
La storia
La definizione di Collaborazione Reciproca rimanda al co- counseling, messo a punto e diffuso negli USA da Harvey Jackins a partire dagli anni Sessanta.
Si chiamava allora re-evaluation co-counseling o consiglio reciproco di rivalutazione. Il primo manuale italiano del movimento edito nel 1983 aveva il titolo "Manuale elementare di rivalutazione attraverso la "Reciproca Collaborazione" (Co-consiglio)".
In Jackins l'obiettivo dell'ascolto era definito e predeterminato, fornendo al co-counselor (l'ascoltatore) una serie di competenze e di tecniche che lo facevano somigliare molto ad uno psicoterapeuta a cui si rivolgeva un cliente.
Il nostro modello è in parte diverso, in quanto si basa sull'idea che l'ascolto in quanto tale è in grado di dare un aiuto molto potente. L'ascolto non ha bisogno di aggettivi, se è ascolto, e non richiede necessariamente la padronanza di competenze psicoterapeutiche specifiche.
Infatti la CR richiede soprattutto una competenza emotiva delle persone che sappiano capire che è fondamentale ascoltarsi, ascoltare ed essere ascoltati, sempre le tre esperienza di cui parla Maurice Bellet.
Negli ultimi anni la Collaborazione Reciproca è stata usata nei corsi e nei training della Società Italiana di Biosistemica come una forma di scambio e aiuto reciproco tra persone comunque coinvolte in un processo di apprendimento o di terapia.
Nella forma della SAS (soggetto accompagnatore supervisore) è presente nei corsi di Counseling organizzati a Prato, Massa e Lucca come ulteriore processo di apprendimento e di formazione.
Per l'associazione Società dell'ascolto il lavoro soggetto - accompagnatore è una modalità di lavoro stabile nei Corsi di Educazione all'ascolto e dentro i gruppi di ascolto e di auto aiuto su temi specifici (solitudine, donne, genitori, alimentazione, ecc.).
Dall'esperienza di questi anni è emersa la necessità di dare alle persone chehanno iniziato un percorso dentro i Corsi di Educazione all'ascolto la possibilità di sviluppare il loro interesse e la loro partecipazione.
L'esperienza dei Corsi di Educazione all'ascolto crea in modo molto chiaro la voglia di continuare lo scambio dell'ascolto anche in seguito e questo determina ed ha determinato la nascita dei Gruppi di ascolto.
La CR può essere un nuovo sviluppo di questo processo.
Ci diamo quindi come compito e programma:
a) di aumentare l'esperienza di lavoro di ascolto reciproco a coppie dentro tutte le iniziative dell'associazione Società dell'Ascolto.
b) di costruire Circoli di studio che potrebbero inserirsi nei progetti della Comunità europea per la formazione permanente, e che potrebbero essere chiamati " CIRCOLI DI COLLABORAZIONE RECIPROCA ".
c) comunque di costruire Gruppi di Collaborazione Reciproca nei quali sia possibile apprendere il metodo e dare concreta attuazione allo scambio dell'ascolto in gruppo e a coppie, dentro il gruppo e privatamente.
d) di garantire come associazione Società dell'Ascolto dei facilitatori esperti e formati che conducano questi Circoli e Gruppi. Questi facilitatori sono le persone che da più tempo si impegnano nella vita della associazione.
Si sono formati nei Corsi di Educazione all'ascolto e nei gruppi tenuti in questi anni da Eugenio Roberto Giommi, da Barbara Noci, e da altri soci come Mariella Pavani, Andrea Nesi, Marta Sanesi, Paola Zipoli, sia nelle altre iniziative che la Società dell'Ascolto ha promosso in questi anni in proprio o su incarico del Cesvot o delle Amministrazioni Pubbliche.
Ora possiamo anche contare su altre persone che stanno dando il loro tempo e la loro collaborazione e che si stanno formando sotto la supervisione della associazione.
"Bagdad Café", Siria
AIUTARE ASCOLTANDO, OVVERO LA COLLABORAZIONE RECIPROCA
L'ascolto dona a chi è ascoltato la possibilità di ascoltarsi (M.Bellet)
Otteniamo più aiuto da ciò che diciamo a noi stessi che non da qualsiasi cosa possano dirci gli altri (J. Liss)
L'ascolto dona a chi è ascoltato la possibilità di ascoltarsi (M.Bellet)
Otteniamo più aiuto da ciò che diciamo a noi stessi che non da qualsiasi cosa possano dirci gli altri (J. Liss)